
Sono davvero finiti i giorni in cui le raccomandazioni personali e il word-of-mouth influenzavano le nostre scelte da consumatori?
Ho interrogato ChatGPT sulla questione e, quasi rassicurandomi, ha generato una risposta negativa avvalorata dalla seguente affermazione:
“Le raccomandazioni personali da parte di amici, familiari e colleghi sono ancora molto influenti, in quanto tendiamo a fidarci delle opinioni delle persone che conosciamo.”
L’argomentazione non si è ovviamente esaurita a questo punto, ma la prolissità di GPT giustifica gli intenti. Il focus è stato infatti dirottato sul ruolo del digitale ovvero, la cassa di risonanza che non solo ha amplificato questi comportamenti dal punto di vista del target, ma li ha resi tangibili, e, aggiungerei io, verificabili.

Sono state però le conclusioni del chatbot AI-based a scatenare una riflessione:
“Anche se le modalità d’influenza possono essere cambiate, le raccomandazioni personali e il WOM rimangono ancora estremamente rilevanti nel processo decisionale dei consumatori”.
Provando a parafrasare o, forse, ad interpretare, il ruolo del semplice feedback verbale di ieri è stato trasceso e restituito al digitale sottoforma di recensione e in questa fenomenologia, la rilevanza, in qualsiasi sua forma, è data dal singolo, ma la decisione finale appartiene alla collettività scritta.
Ponendomi nelle vesti di consumatore e partendo da esperienze personali, il feedback di un prodotto o servizio suscita l’interesse che scaturisce l’azione di ricerca, dove l’obiettivo ultimo è la validazione di standard condivisi e provenienti da una community ben assortita. Dietro ogni recensione si cela una storia e la somma di esse fornisce elementi combacianti o contrastanti alla propria inducendo all’acquisto o alla valutazione di un brand competitor.
Di fatto, le recensioni, siano esse testimonianze entusiastiche o critiche costruttive, hanno assunto una connotazione potente e sono una forza capace di modellare la traiettoria di un’azienda, indipendentemente dalla dimensione, e quindi impattarne il business.
L’integrazione delle recensioni nella propria strategia digitale e, conseguente gestione, diventa un vantaggio competitivo a lungo termine per:
- Accrescere la fiducia e la credibilità: le recensioni positive lasciate dagli utenti fungono da social proof dimostrando a potenziali acquirenti che il prodotto o il servizio è valido. L’unione di più esperienze significative impatta positivamente la brand reputation e il consenso comune genera opportunità.
- Influenzare il processo d’acquisto informato: secondo le statistiche almeno il 92% dei consumatori legge le recensioni prima di procedere con l’acquisto, il 75% si aspetta invece di poter condividere il proprio feedback.
- Aumentare la conversion rate e la loyalty: le recensioni sono uno strumento di conversione che porta l’utente non solo ad una conversione più rapida, ma sono l’occasione per trasformarlo in un brand advocate. Un’esperienza positiva ripetuta nel tempo, genera nuovi acquisti ed aumenta la customer base.
- Potenziare la SEO e i ranking search: le recensioni sono da considerarsi come user-generated content e contribuiscono a migliorare la search engine optimization di un sito. Di base, ognuna di esse contiene keywords rilevanti e frasi che un potenziale cliente potrebbe utilizzare nel corso delle proprie ricerche, aumentando le possibilità di raggiungere un rank più alto.
- Accrescere l’engagement: incoraggiare o chiedere una recensione crea un canale di comunicazione bidirezionale. Dare valore ad un’opinione, sia essa positiva o negativa, è la dimostrazione che un brand è in ascolto e si impegna a migliorare l’esperienza di ogni cliente.
- Promuovere il miglioramento di un prodotto o servizio: anche le recensioni negative hanno un lato positivo in quanto forniscono preziosi spunti in aree che richiedono attenzione o modifiche. È un’opportunità di crescita da cogliere in modo proattivo per una customer satisfaction ottimale.
Per tornare alla questione iniziale: no, i giorni delle raccomandazioni personali e il WOM non sono finiti, ma sono efficaci solo se inseriti in una cultura narrativa digitale condivisa dove il metro di misura è l’esperienza.
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